
Gli arresti per la gestione di Autostrade per l’Italia

Secondo i magistrati la società e i suoi dirigenti avrebbero svolto «una politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti» a scapito della sicurezza delle strade
Mercoledì mattina la Guardia di Finanza ha arrestato Giovanni Castellucci, ex amministratore delegato di Autostrade per l’Italia (ASPI), e altri due dirigenti, Michele Donferri Mitelli, ex responsabile nazionale delle manutenzioni di Autostrade, e Paolo Berti, ex direttore centrale operativo. Per i tre sono stati disposti gli arresti domiciliari. Castellucci era stato amministratore delegato di Autostrade per l’Italia dal 2005, e si era dimesso nel dicembre del 2018.

18 agosto 2018 Genova, Italia
Politica
conferenza stampa di Autostrade per l’italia nel quale illustreranno inoltre tutte le iniziative discusse con il Comune di Genova e la Regione Liguria.
Nella foto:Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Autostrade per l’Italia.
Photo Marco Mauro Ujetto/LaPresse
August 18th, 2018 Genoa, Italy
Politics
Press conference of Autostrade per l’italiaIn the pic: Giovanni Castellucci
L’indagine che ha portato agli arresti è stata avviata un anno fa in seguito all’analisi di documenti acquisiti nel corso di un’altra inchiesta, quella sul crollo del ponte Morandi di Genova, avvenuto il 14 agosto del 2018 e in cui morirono 43 persone. L’indagine riguarda l’installazione sulla rete autostradale di pannelli fonoassorbenti, utilizzati per limitare il rumore provocato dal traffico, giudicati a rischio di distacco dal 2017, ma sostituiti soltanto nel febbraio del 2020.
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Agli arrestati vengono imputate le accuse di attentato alla sicurezza dei trasporti e frode in pubbliche forniture. Secondo una nota della Guardia di Finanza, nel corso dell’indagine è emerso che gli arrestati erano a conoscenza «di difetti progettuali e di sottostima dell’azione del vento, nonché dell’utilizzo di alcuni materiali per l’ancoraggio a terra non conformi alle certificazioni europee e scarsamente performanti» e non avevano voluto «procedere a lavori di sostituzione e messa in sicurezza adeguati, eludendo tale obbligo con alcuni accorgimenti temporanei non idonei e non risolutivi. Per questo è scattata la frode nei confronti dello Stato».
Dall’inchiesta sui pannelli fonoassorbenti i magistrati, attraverso una serie di intercettazioni, avrebbero accertato «a carico della società Autostrade per l’Italia e dei suoi dirigenti gravi condotte criminose legate alla politica imprenditoriale volta alla massimizzazione dei profitti derivati dalla concessione con lo Stato, mediante la riduzione e il ritardo delle spese necessarie per la manutenzione della rete autostradale affidata in concessione: a scapito della sicurezza pubblica».
Il giudice per le indagini preliminari di Genova, Paola Faggioni, nelle motivazioni agli arresti domiciliari ha definito Castellucci «una persona spregiudicata e incurante del rispetto delle regole: ispirata a una logica strettamente commerciale personalistica a scapito della pubblica sicurezza».
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Negli atti dell’inchiesta ci sono anche alcune intercettazioni in cui si fa un riferimento esplicito al Ponte Morandi e alle sue condizioni prima del crollo. Il 25 giugno del 2018, due mesi prima che il ponte crollasse, Berti e Donferri hanno una conversazione su WhatsApp riguardante proprio il viadotto sul Polcevera. Donferri scrive a Berti, con riferimento ai tiranti del ponte, che «i cavi ormai sono tutti corrosi». Berti risponde: «Sti cazzi, io me ne vado da ASPI, il rischio è grosso». Tre giorni dopo il crollo del ponte Morandi Berti cancellò i messaggi che però sono stati ritrovati dalla Guardia di Finanza sul telefono di Donferri.
Oltre all’inchiesta sui pannelli fonoassorbenti, e al filone principale, quello sul crollo del ponte Morandi in cui sono indagate 71 persone più la società ASPI e la controllata SPEA e in cui le accuse sono di omicidio colposo plurimo, disastro colposo e attentato alla pubblica sicurezza, ci sono altre due inchieste in corso: quella sui cosiddetti “report truccati”, cioè sui risultati di alcuni controlli su altri viadotti della rete autostradale in cui i rischi sarebbero stati nascosti, e quella sulle gallerie, avviata a seguito del crollo del 30 dicembre 2019 di parte della volta della galleria Bertè, sulla A26 Genova-Gravellona Toce e che ha portato ad accertare situazioni di rischio in più di 200 gallerie.
Fonte Link: ilpost.it